The Wrestler
Piccolo, gigantesco film.
Piccolo nella regia, piccolo nella confezione, piccolo nell'intreccio. Ma gigantesco nella potenza dirompente del senso e dell'interpretazione di Rourke, qui in uno dei suoi ruoli migliori.
Aronofsky si tiene un passo indietro (anche visivamente, fisicamente: tante, tantissime le riprese che seguono di spalle il goffo e stanco deambulare di Rourke) e lascia spazio al crollo sacrificale di un cristo che ha fallito in ogni aspetto della propria vita, tranne che lì dove non può farsi male, fra le braccia al cielo e le voci urlanti di una famiglia tribale.
E nel sacrificio si compie il suo dono più alto, il suo darsi senza chiedere nient'altro che un grido d'approvazione, d'ovazione.
Un film crudo, duro, ma che sprigiona una forza emotiva impressionante e che - come ogni opera dotata di uno sguardo, non si esaurisce qui.
Fra le pieghe del racconto emergono altri spunti e la pellicola di Aronofsky si apre ad altre interpretazioni: ultimo chiodo sulla bara degli '80 (salutati attraverso le note dei Guns) e amara riflessione sul fallimento dell'imperialismo americano.
1 commenti:
Concordo: è perfino riuscito a commuovermi. A me, che c'ho una scorza mica da nulla.
;-)
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