il nome del fumetto

00:02 [emo] 1 Comments


Leggo su L'Espresso la recensione che Oscar Cosulich fa di Contratto con Dio (Will Eisner, Fandango libri) e noto che slalomeggia fra i termini riuscendo a non utilizzare mai la parola fumetto (se non in riferimento ai primi passi di Eisner), come se se ne vergognasse, come se a utilizzarla l'articolo ne risultasse in qualche modo sporcato, come se i suoi lettori - a leggerla - ne potessero risultare offesi o la associassero a qualcosa di sconveniente.

Qualche ora dopo, per fortuna, capito sul blog di Andrea Plazzi e - con colpevole ritardo - leggo questo suo illuminante pezzo che rimette tutto in prospettiva e che - come gli dico nei commenti - mi aiuta a sentirmi meno solo.
Fumetto. Ma fa veramente così schifo come parola?
Mah.

Ringalluzzito, metto mano all'ultimo numero di Scuola di fumetto.
Laura Scarpa intervista Elfo e - fra le altre belle cose - intercetto questo passo: "(...) a me ha fatto piacere che in Garzanti, quando hanno deciso di pubblicare Tutta colpa del '68, non abbiano sentito la necessità di inventarsi una collana di graphic novel in cui inserirlo. Gli interessava il tema, gli piaceva la storia, lo hanno pubblicato e basta. Il fumetto è un linguaggio autonomo, non ha bisogno di cornici o di fingere di essere qualcos'altro. personalmente, di cazzate tipo "il fumetto è arte" non ne posso più. (...)"
Ecco, ora mi sento anche meno scemo.

No, perchè a leggere in giro fra siti, blog e forum, sembra quasi che a parlar di fumetti si diventi ciechi, mentre a parlar di greficnovels si fa la figura degli acculturati e - a seconda della bisogna - si becca qualche biglietto omaggio per entrare in qualche salotto buono.
Come dire: "non sono omosessuale, ma diversamente etero" o "negro io? no no, ha visto male. Sono diversamente bianco".
"Io non faccio fumetti, no. Hem... sa, quelli li fanno i poveracci e io [mettendo la mano nella tasca, dando una boccata alla sigaretta e guardando oltre la linea d'orizzonte, impettito, aggiustandosi il cappello e con l'occhio di chi guarda lontano]... faccio romanzi grafici".
Che tristezza. Che infinita tristezza.

Nel frattempo, uno che i fumetti li fa e li sa fare e che rimane fuori da queste seghe mentali, va al nocciolo di tutto e non vedo l'ora che ci faccia sapere qualcosa.
Parlo di Alfredo Castelli e della sua ricerca sulle origini del termine fumetto.
Qui alcuni importanti dettagli in più.

1 commenti:

Ed ha detto...

già... che tristezza. pare sia diventato proprio una parola pornoGrafica.

Ciao Emo.