forma e contenuto

13:38 [emo] 8 Comments


L'avevo individuato all'ultima Comicon, ma avevo scordato di acquistarlo.
Fortunatamente, ieri mi è arrivato in libreria Esercizi di stile - 99 modi di raccontare una storia (Black Velvet) e ieri notte l'ho letto.

E' un bel volume davvero quello di Matt Madden, debitore del quasi omonimo libro di Raymond Queneau e - in qualche modo - cugino filosofico dei testi di Scott McCloud.

Madden, partendo da una storia-modello di una pagina, cerca di rinarrare la stessa vicenda variando il punto di vista, le inquadrature, il lay-out della pagina, lo stile grafico, le specificità culturali di diverse scuole fumettistiche, la cifra stilistica di alcuni autori di riferimento e addirittura il linguaggio stesso (spaziando dalla poesia alla pubblicità).
Porta fino al limite il discorso già affrontato da un altro libro in qualche modo debitore del testo di Queneau, Monolinguisti e altri esercizi di stile di Trondheim, e - allo stesso tempo - fa il paio con l'Esercizi di stile di Disegni e Caviglia (che a suo tempo figliò anche un omonimo spettacolo teatrale).

Un ottimo bigino di stimoli, un vademecum da sfogliare con attenzione nei momenti di impasse, da non seguire alla lettera, ma da tenere a portata di mano per chiunque si occupi di narrazione a fumetti.
Molti degli spunti di Madden lasciano il tempo che trovano, altri sono talmente tirati per i capelli che sembrano contraddire i presupposti di partenza, ma tutti hanno il pregio di provocare una reazione rispetto al modello di partenza e che indirettamente reiterano un interrogativo (non risolto, e il bello sta proprio lì): quanto la forma può incidere su un contenuto prima di renderlo altro?

Per farvi un'idea ancora più precisa del volume, potete cliccare qua, dove sono riportati 21 degli esercizi stilistici di Madden.


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Briùs l'è semper lù

18:07 [emo] 31 Comments



Mi sono bagnato tutto solo guardando il trailer, quindi temo che all'uscita del film nelle sale correrò il serio rischio di fare la fine di Pee-Wee Herman...


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storie e pantaloni corti

11:22 [emo] 23 Comments


Per tutta una serie di motivi importanti, era da un paio di mesi che avevo preso le distanze da OWC. Un po' per necessità e un po' per scelta, ne sono uscito e ho cominciato a fare come se non ci fosse.
Oddìo, non è che ho un cervello che riesce a ragionare per compartimenti stagni, ma ho provato a guardare ciò che stavamo facendo con Gianfranco da un punto d'osservazione diverso, esterno e utile a far risaltare eventuali storture altrimenti invisibili a distanza ravvicinata.

Da un paio di giorni, invece, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo riavvicinati ai protagonisti, alla vicenda e - come sempre riguardo OWC - ho provato una serie di sensazioni inedite (data la mia poca sperienza), anche se a loro modo contraddittorie, sospese com'erano fra l'adrenalinico più elettrizzante e una sottile forma di fastidio.
Se le prime, com'è naturale, mi sono sembrate spiegabili, le seconde mi hanno spiazzato, almeno fino a quando non ne ho individuato i motivi, almeno quelli che mi sembrano i motivi più plausibili.

E quando le parole non sono sufficienti, le metafore sono utilissime: io soffro tremendamente il caldo e d'estate non riesco davvero a indossare i jeans. Proprio mi soffocano. Gli stessi pantaloni indossati fino a qualche giorno prima, all'aumentare della temperatura mi sembrano insopportabili e ho bisogno di passare ai pantaloni corti. Pratici e freschi.

E' arrivata l'estate anche per OWC, ho bisogno di qualcosa di più pratico, comodo. Devo solo alleggerirmi di qualcosa per continuare a lavorare con lo stesso trasporto di prima e questo qualcosa è ciò su cui mi sto concentrando con curiosità in questi giorni.

23 commenti:

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13:17 [emo] 3 Comments


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gente di un certo livello

09:58 [emo] 28 Comments


Ho sempve cevcato di non fav pesave il mio lignaggio, ma nulla ho potuto contvo la spietata detevminazione papavazziana di Tostoini.
Pev non cedeve al vicatto pvefevisco fave outing e vi mostvo l'oggetto della tentata speculazione, la foto ritvaente la mia umile dimova.

(no fake. cliccare per ingrandire)

28 commenti:

furti

14:36 [emo] 30 Comments


Se qualcuno ha notato il nuovo header e se qualcuno fra questi si chiedesse chi sia l'autore, la risposta è Mike Mignola e l'illustrazione intera è qua sopra.
Non sono riuscito a non rubarla anche solo in parte.
La restituirò non appena qualcuno fra i valentissimi, simpaticissimi e amicissimi disegnatori che passano da queste parti mi farà dono della propria arte.

Integrazione: come m'hanno fatto gentilmente notare (e come, invero, avrei potuto notare anche da solo) l'illu non è di Mignola, ma di un tizio che non conosco. Bene, era da un po' che non facevo una figura di merda di questo tipo ed è bello risentirne il sapore. Proprio bello.


30 commenti:

Chi sono gli stupidi?

12:45 [emo] 154 Comments


Fra le cose interessanti dell'ultimo aggiornamento del sito di Michele Medda c'è un articolo in particolare, intitolato Stupido è chi lo stupido fa, che vi invito a leggere integralmente prima di proseguire oltre (non posso mettere il link diretto, quindi - per raggiungerlo - seguite questo percorso: home/nuovi_articoli/stupido_è_chi_lo_stupido_fa).

Nei suoi pezzi Medda non rinuncia mai alla provocazione sferzante, al tono caustico e al contrappunto sarcastico nei confronti di atteggiamenti, consuetudini, modi di pensare e - in genere - quelli che lui ritiene i malcostumi del fumetto italiano.

Scrive Michele: "(...) E’ come una specie di gas tossico - qualcosa che arriva da altri ambienti, forse da quello della TV, forse da quello del lavoro statale - che ha finito per inquinare la visione di questi ragazzi, la convinzione che è possibile essere “tronisti”, “veline” o semplici “raccomandati” del fumetto: in parole povere, la convinzione che è possibile fare i fumetti senza prima avere imparato a farli. Perché dopotutto, come ci dice un pregiudizio ormai secolare, quello del fumetto non è nemmeno un lavoro. Ne consegue che quelli che i fumetti li fanno in realtà non li sanno fare. E allora, pensa/dice/grida il nostro nerd, perché quelli pubblicano e io no? (...)"

Bisogna prima imparare a farli i fumetti, su questo non ci piove.
Ma generalizzare costantemente il discorso, puntare il dito nei confronti degli aspiranti autori - in questo caso disegnatori – è davvero un atteggiamento costruttivo? O, ancora, ha una sua reale utilità?

Io sono convinto che possa rischiare di essere esercizio sterile e facile. Guardare prima all’esterno del fortino e prendersela con i peones che reclamano un posto al sicuro delle mura può anche essere divertente, ma non rischia di distogliere l’attenzione dai mali endemici interni alla fortezza?

Davvero il mondo del fumetto, il mercato, le Case editrici sono frequentati da figure professionali e irreprensibili che hanno solo da insegnare a chi aspira a svolgere il medesimo mestiere?

“(…) Il lapsus freudiano – continua Medda - che tradisce questa allucinazione di massa è proprio nella parola “pubblicare”, che molto spesso sostituisce “lavorare” nelle geremiadi dei wannabe frustrati. Come se il valore intrinseco del fumetto non scaturisse dall’opera in sé, ma solo dal suo risvolto pubblico, che dà “notorietà” (per quella che può essere la notorietà in questo campo) all’autore.

Lo stesso ragionamento della squinzia che si mette una riga di matita intorno agli occhi e corre ai provini per Il Grande Fratello. Se ci sono riusciti quelli là, quelli dall’altra parte dello schermo (quella “giusta”), posso riuscirci anch’io.

Siamo al delirio di un Paese istupidito, di una repubblica che non è più fondata sul lavoro: al lavoro ha tolto qualsiasi valenza etica, è arrivata alla negazione del lavoro, sostituendolo col mito del successo immediato incensato da plebi osannanti. (…)”

E’ troppo facile scaricare tutto sulla televisione e sulle derive realityche nelle quali versa e sulle conseguenze culturali che questo comporta. E’ per me una prospettiva miope che indirettamente pare deresponsabilizzare chi il fumetto lo fa già da anni e che non si pone nemmeno il problema di costituire un modello di riferimento, un esempio da seguire.

Se esistono le aspiranti veline è perché esistono le veline e chi le crea. Da questo non si può prescindere.

Mi chiedo, allora, chi sono le veline del fumetto e, soprattutto, chi c’è dietro di loro? Chi sono gli equivalenti fumettistici dei produttori, degli autori televisivi, dei registi, dei manager che offrono questi modelli di riferimento?

E’ più grave emulare un atteggiamento discutibile o proporre un modello culturale/etico discutibile?

Il sarcasmo pungente nei confronti dei wannabe può strappare qualche sorriso ed essere a suo modo stimolante per chi non si offenda o non abbia la coda di paglia, ma perché non sfrugugliare gli editori ciechi e sordi alle novità? Perché non tirare qualche bella stilettata nei confronti di quegli editor/curatori di testata che non sanno fare il proprio mestiere, che castrano non dico la creatività, ma che non hanno i mezzi per ricoprire un ruolo tanto delicato e importante?

“(…) Si può ammettere senza difficoltà che il fumetto italiano versa in condizioni tristi. Le vendite sono in calo. Non ci sono spazi dove coltivare i giovani talenti. Il settore delle librerie non riesce a decollare. Gli editori rischiano poco. Si può ammettere questo e molto altro. Ma tutto ciò non può costituire una scusante per la stupidità e l’arroganza. (…)”

No, Michele, è troppo facile chiosare elencando tanto repentinamente quelli che sono i mali più pericolosi del Paese-fumetto, che pre-esistono rispetto ai wannabe.

O forse la stupidità e l’arroganza sono tratti distintivi unicamente degli aspiranti autori (non di tutti, ma di molti, come dici nel tuo pezzo)?

154 commenti:

play the spam

09:42 [emo] 18 Comments


Non metterò alcun link, l'unico riferimento sarà l'immagine qua sopra perchè già un post rischia di essere troppo, ma certe cose che mi urtano davvero.

Mi riferisco al fastidiosissimo spam riguardante un certo sito e che sta infestando i blog da qualche giorno.
Ora, ognuno a casa propria fa ciò che vuole, quindi non mi permetto di giudicare chi dia spazio a questi signori, ma qua è casa mia e qua la regola è facile facile: chiedi il permesso e sei rispettoso? Se ne può parlare (ma d'acchitto è più no che sì).
Non chiedi e spammi senza nemmeno presentarti? Ti casso i post senza alcun problema.
Insisti dimostrando a) di venire qua solo per spammare e/o b) di sbattertene del fatto che ti spieghi che non va bene? Ok, allora ti sputtano per quanto mi è possibile.

Concludendo, gentili signori di Play the Lab, piantatela di rompere. Grazie.

18 commenti:

facce tese

12:11 [emo] 37 Comments


Ieri sera ripensavo a una chiacchierata fiume avuta con Antonio in quel di Napoli, durante la quale abbiamo parlato anche della mia impermeabilità (incapacità?) ad affrontare nella scrittura temi - se non umoristici - almeno leggeri.

Stamattina ho girovagato fra le cartellette in cui sono archiviate le storie che ho scritto/che sto scrivendo/che vorrei scrivere e per quanto le cose non siano sempre dipese esclusivamente da me (alcune idee le ho sviluppate proprio con Antonio, altre su invito più o meno diretto di qualche disegnatore), devo riconoscere che l'unica costante fra i vari personaggi è una certa tensione o comunque una certa distanza quanto meno espressiva dalla leggerezza.

Non so cosa questo possa significare o se addirittura significhi davvero qualcosa, ma mi sono divertito a riunire i volti dei protagonisti di queste storie, cercando di ordinarli in ordine cronologico.
Ne è venuta fuori l'immagine qua sopra, che spero abbia almeno l'utilità di diventare un appunto visivo da tenere a mente.
Mancano alcuni di quei personaggi che ancora non hanno trovato una faccia e che per ora vivono solo in alcuni file di Word.
Magari andranno a comporre un eventuale secondo appunto visivo.

37 commenti:

Jack & Bart!

17:30 [emo] 6 Comments



Con tutto che non c'ho capito quasi nulla, mi sono scasciato dalle risate lo stesso.

6 commenti:

cose da scrivere e immagini prepotenti

15:57 [emo] 6 Comments


Le cose da scrivere, per fortuna, non mancano.
Una in particolare deve anche essere ancora ben sviluppata e ha pure - per quanto in là - una scadenza. Altre sono già avviate e necessiterebbero di essere mantenute vive.

Eppure, nonostate la testa sia orientata verso ciò che sta prendendo forma, ci sono momenti in cui una postura, due basette trasandate, una calvizie incipiente, uno sguardo da impiegato arrogante, una fondina con pistola e un balloon vuoto ti impregnano le retine e, risalendo lungo i nervi ottici, vanno a impiastricciare i neuroni e a trovare spazio fra le sinapsi.

Capita anche che, quasi per gioco, riempi di parole quel balloon vuoto e ti ritrovi in un attimo a immaginare un contesto, un'ambientazione, una parvenza d'intreccio, un finale. E hai pure una buona intuizione tecnica.

C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo, perchè non è ciò che stavi cercando.
Ma c'è anche qualcosa di profondamente irresistibile e non hai alcuna intenzione di resistergli.
E allora non ti resta che dare la colpa a chi quegli elementi li ha condensati in un'immagine che trova così prepotentemente spazio fra le altre fra le quali ti stavi districando.

Il colpevole si chiama Simone Guglielmini e trovate il suo blog a una frazione di secondo, per la precisione qua.


6 commenti:

gabole a fin di bene

11:32 [emo] 0 Comments


Era tutto un modo per attirare l'attenzione nei confronti del problema della donazione degli organi.

Mi riferisco alla notizia che ho rimpallato nel post qua sotto: la malata terminale era in realtà un'attrice e i malati in attesa di trapianto erano gli ospiti di una trasmissione che aveva come finalità quella di approfondire un tema delicato e piuttosto importante.

La cosa - naturalmente - fa fare un sospiro di sollievo. Almeno per ora.

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