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(soc)chiuso per Lucca



Domani parto per Lucca.
Per la prima volta farò tutti e quattro i giorni di fiera, quindi spero di riuscire a incontrare tutte le persone che vorrei (ri)vedere.

Sarò prevalentemente in giro, ma farò capo spesso allo stand degli amici della Double Shot (almeno finchè non si rompono le palle e mi cacciano).


Per chi non sarà a Lucca, spero che questo possa essere un buon palliativo.
Altrimenti mi permetto di suggerire qualche soluzione alternativa come guardare questo (appena uscito a noleggio), leggere questo (sì, lo so che è uscito da anni), questo (appena uscito in economica) o ascoltare questo (e sì, so che anche questo è uscito da un bel po').


Ci si ribecca da lunedì prossimo.

varie ed eventuali, con poco tempo a disposizione


Mi piace Kevin Macdonald. Mi è piaciuto L'ultimo re di Scozia, m'è piaciuto il documentario Il nemico del mio nemico e m'è piaciuto molto anche questo State of play.
Macdonald non ha paura di affrontare l'intuibile perchè si fa forte di una sceneggiatura che garantisce la giusta suspense e delle buone sorprese, non ha paura ad avere nel cast la faccia da triglia lessa di Ben Affleck perchè sa che può contare sui rotoli di ciccia e la buona lena di Russell Crowe. Non dipende da lui, ma vedere oggi, in Italia, un film del genere, non può non strappare qualche risata o scatenare qualche fiotto di bile.



Leggo Pulp libri #81 e la recensione su Il gusto del cloro mi rimane impressa per due passi in particolare:

- "(...) Leggendolo, però, ho ripensato alla pulizia dei disegni di Moebius - alla sensazione di semplicità che mi hanno trasmesso le prime volte in cui li ho avuti tra le mani - a quell'impressione quasi di ovvietà che è il risultato di un estremo lavoro di sottrazione e di sintesi e che risponde a un bisogno di chiarezza che ha a che fare con la concentrazione o, volendo, con il misticismo."

La pulizia dei disegni di Moebius. Bastien Vivès. Come dire: sono entrambi francesi, avranno per forza qualche punto di contatto.

- "Con Il gusto del cloro Bastien Vivès ha vinto numeriosi premi; ora in Francia le sue pubblicazioni si susseguono, e devo dire che le aspetto con curiosità.".

Finalmente qualcuno che dice ciò che c'è da dire e che non si tiene nulla.
La recensione è firmata da Caterina Grimaldi.



Pubblicato in Italia da Free Books in coda al volume Tag, questo 10 di Keith Giffen e Andy Kuhn è un giochetto di poche pretese che strappa qualche sorriso e diverte per un congruo numero di pagine. Una in più e sarebbe scattata la fase orchitica. Bei disegni.

leggendo la polpa


"(...) Se io mi scavo di nuovo un buco sotto terra, così come ho vissuto per tanti anni, e lì dentro faccio succedere qualcosa e ci metto tutta la poca o tanta energia a mia disposizione per renderla forte al massimo, be' questa non è una resa. Dico semplicmente che mi sottraggo a delle condizioni che mi imprigionano, che limitano la mia libertà, che mi fanno vivere nell'amarezza. Cosa che voglio evitare assolutamente. (...)".

Antonio Moresco



Sono orgoglioso dell’intelligenza di Einstein e di Omero
come mi fossero parenti,
orgoglioso che abbiano saputo capire tanto, creare così.

Mi vergogno dei canini affilati di Hitler
come fossero miei.

Tutto quel che ha fatto l'uomo mi coinvolge

perchè sono uomo anch'io.

Fossi di Andromeda me ne sbatterei i coglioni
di sapere cos'è un uomo,

di quali vette possa scalare

e di quale sia la radice del male
che gli rode l'anima
(che mi, che ti, che ci rode e consuma)


Ammesso che gli andromedi abbiano coglioni
e non si riproducano per autoimpollinazione

morendo ogni tramonto e rinascendo all’alba.


Sergio Atzeni


da Pulp n.78 - marzo/aprile 2009

apperò



Giuro, non ne sapevo nulla.
E poi il titolo originale è Keeper.
Spero che la coincidenza/assonanza mi porti bene, perchè amo molti lavori di Greg Rucka.

E visto che un po' di sana critica preventiva positiva a volte fa solo bene, vi invito a comprare sulla fiducia questo romanzo e vi riporto sotto il risvolto di copertina.
In italia lo pubblica Edizioni BD

Manhattan, metà anni Novanta. Lo scontro sull’aborto infiamma gli Stati Uniti. La dottoressa Felice Romero vede la sua clinica messa sotto assedio e riceve una serie di minacce di morte da un gruppo di fondamentalisti cristiani, guidati dal carismatico Jonathan Crowell.
Per proteggere la propria vita e quella della figlia Katie, adolescente con la sindrome di Down, la dottoressa Romero decide di rivolgersi ad Atticus Kodiak, guardia del corpo. Il migliore sulla piazza.
Il clima della protesta antiabortista si infiamma, il sangue inizia a scorrere e per Atticus Kodiak proteggere la famiglia Romero diventa una questione personale.
Un thriller con poche certezze, implacabile come il proiettile sparato da un cecchino.



in lettura

Napule è mille colure, ma anche una bella vagonata di suggestioni.
Due di queste mi sono state regalate nei giorni della fiera.
Una durante la premiazione e l'altra da Gianfranco.



Lo scontro quotidiano era nella pila delle cose da leggere e ora l'ha risalita finendoci in cima, dato che ha vinto il Micheluzzi come miglior fumetto straniero e son veramente curioso.



Kafka sulla spiaggia
, invece, è la penultima opera di un autore che non conosco per niente, salvo che per Tokyo Blues, letto ormai una vita fa.

pagine e pellicole nere

Poco natalizie, invero, le due novità che mi preme segnalare, ma chissene.
Una nuova collana di dvd e un libro davvero davvero curioso.



La collana di dvd si intitola I classici del cinema noir, la trovate in edicola edita dalla Master ed esordisce con l'immortale e sontuoso Il mistero del falco.
Nè sulla brochure nè sul sito ho avuto notizie sui titoli che comporranno l'opera completa, ma la collana - che si articolerà in 20 uscite quindicinali - dovrebbe comprendere anche: Vertigine, Seduzione mortale, L'ombra del passato, L'infernale Quinlan, La fuga, Rapina a mano armata, La morte scorre sul fiume e Testimone d'accusa.
Su Il mistero del falco ci sarebbe ben poco da dire, ma per chi dovesse arrivare oggi da Marte, basti solo sapere che la visione del film è un'esperienza necessaria: una vicenda straordinariamente emozionante e tesa, personaggi tagliati con l'accetta ma che riescono a far baluginare delle sfumature inquietanti (Sam Spade su tutti), una messa in scena suggestiva, degli attori impressionanti (Peter Lorre - a mio parere - una spanna sugli altri, compreso il pur straordinario Humprey Bogart) una fotografia indimenticabile e un ritmo che - per allora, ma per tanto cinema odierno - non ti concede tregua. E dire che è un film molto parlato, che fa perno su un didascalismo onnipresente, ma non invasivo (forse solo nelle ultime scene fra Bogart e la Astor). Ultima sequenza (l'addio fra Bogart e la Astor) da storia del cinema, ma so che arrivo buono ultimo a dirlo.



Il libro, invece, è edito da Piemme e si intitola Platone suona sempre due volte - La filosofia del noir.
E' scritto da Mark T. Conrad (già autore de La filosofia dei Simpson) e parte dal provocatorio e interessantissimo spunto che non ci sia modo migliore per apprendere la filosofia moderna di partire dal cinema noir classico e non solo.
Non l'ho ancora divorato, quindi non mi azzardo a commentare oltre, ma vi riporto sotto la scheda del volume:

Qual è il momento in cui la passione di Frank e Cora diventa tragedia? Quando escogitano un piano per uccidere l’anziano marito di lei? Quando lei muore e lui viene accusato di averla assassinata? O prima, quando fanno l’amore la prima volta, torbidamente, senza respiro, come chi pensava di essere spacciato e invece trova una via di scampo? O forse la tragedia era là da sempre, prima del primo sguardo, prima di tutto, perché le loro vite erano già tragedia incombente. Questo è Il postino suona sempre due volte. Questo è il noir. E non è solo la storia di un uomo e una donna, di Frank e Cora. È il riassunto di tutti i grandi temi della filosofia moderna. Perché dietro alla cupezza, alle trame claustrofobiche, alle femme fatale, agli amori disperati dei noir e dei thriller moderni, c’è molto di più. Dietro il Bogart del Falcone Maltese, dietro il Quinlan di Orson Welles e fino al Pulp Fiction di Tarantino, si intravedono gli esistenzialisti francesi, Sartre, il pessimismo, il nichilismo di Nietzsche. Sono storie di sconfitte, di personaggi perduti, disillusi, destinati a una tragica fine ma che fino all’ultimo si arrabattano e combattono come Prometeo. Insomma non c’è modo migliore per capire la filosofia che immergersi in un libro o in un film noir. La filosofia moderna sicuramente, da Schopenhauer a Freud, ma pure quella antica, perché per spiegarci il nostro lato oscuro, gli autori tirano in ballo anche Socrate, Platone e Aristotele. E alla fine capiremo che il groppo che ci prende mentre scorrono i titoli di coda di Casablanca, non è dovuto alla musica e allo sguardo stropicciato di Bogart che segue lei che se ne va. Non è malinconia: è proprio esistenzialismo allo stato puro.

cucina nerd


Ai fornelli sono un mezzo disastro e riesco a cavarmela solo per elementari soluzioni da bisogni primari.
Mi è sempre piaciuta l'idea di essere capace di cucinare, ma pigrizia, paura di avvelenare qualcuno e mancanza di tempo mi hanno costantemente portato a ripiegare su territori più sicuri in cui da sempre esprimo al meglio le mie capacità: mangiare ciò che cucinano altri.

L'uscita del volume di cui mostro in alto la cover, però, mi ha portato ad anticipare i buoni propositi per il nuovo anno ormai alle porte e con il sorgere del 2008 mi dedicherò ad imparare l'arte culinaria.
Piano di battaglia morbido e alla mia portata: una ricetta al mese, non di più. Alla fine del prossimo anno conto di arrivare a poter fare bella figura con amici, parentado e belle donne da prendere per la gola.

Michel Pierre
Carnet della
cambusa - Le ricette di Corto Maltese
144 pagine, rilegatura a spirale, 22 €
Lizard Edizioni

cuori demilitarizzati e un po' di dolce

Nei giorni in cui sono stato a Roma ho avuto modo di assistere a due appuntamenti con la carta fatta di immagini e parole.
Il primo, al Forbidden Planet, dedicato all'incontro col pubblico di Riccardo Burchielli, impegnato nel tour promozionale del primo volume di DMZ, il secondo dedicato invece alla presentazione di Cuori da bar, raccolta di racconti scritti da Lorenzo Bartoli e organizzato dalla Libreria Vivalibri del Testaccio.



Nel primo caso, purtroppo, lo sciopero nazionale dei mezzi ha impedito un affusso congruo nella fumetteria, ma questo non ha impedito a un buon numero di appassionati di prendere il volume e di farcisi fare un bel disegno da Riccardo. Inoltre, è stata per me l'occasione di incontrare parecchie conoscenze romane che non avrei avuto modo di vedere se non in qualche fiera. Rinuncio in partenza all'idea di ricordare tutti, perchè tanto rischierei di dimenticarmi qualcuno.


Nel secondo, invece, l'affluenza di pubblico è stata sensibilmente maggiore (grazie anche al termine dello sciopero) e la bellissima cornice della Libreria ha permesso a Lorenzo di presentare al meglio il proprio libro grazie anche alla complicità del Rrobe e - soprattutto - di un Remo Remotti in forma smagliante, che ha letto qualche racconto dandogli voce ed emozioni diverse dalla lettura intima, ma di straordinaria suggestione.

Un'ultima nota, poco letteraria e più gastronomica, lo stesso pomeriggio dei due incontri ho avuto modo di conoscere un luogo di perdizione che - per fortuna - sta a un Tirreno di distanza da qua: il famosissimo Bar Pompi, il regno del tiramisù: dopo aver gratificato la mente, avvolgere il cuore nelle emozioni sprigionate da quel capolavoro dolciario è stato il perfetto coronamento di un bel pomeriggio.


è uscito...



... e io non sto più nella pelle.
Ce l'ho sul tavolo, ma sto lavorando una media di 15/17 ore al giorno e la notte (mattina presto?) vado a letto troppo stanco per avere la forza di leggere.
E poi so che mi ci tufferei con avidità, ingordigia e golosità, quindi non sopporterei l'idea di leggerlo a spizzichi e bocconi.
Però (c'è sempre un però), sabato pomeriggo e tutta domenica non si lavora...
Se sarà bello solo la metà di Non è un paese per vecchi, temo che diventerò davvero molto noioso sul mio nuovo scrittore preferito.

Cormac McCarthy
La strada
Einaudi
218 pagine, 16.80 €

No country for old men - il trailer



Il libro di McCarthy è un fottuto capolavoro (sì, un capolavoro).
I fratelli Coen sono dei cazzo di genii.
Il trailer è tanto elettrizzante da farcisi le cosacce.
Il cast è spaventosamente fico.
Non so perchè sto parlando come un coglione, ma so che ho un'immane e incontenibile voglia di vedere 'sto film.


mi scappa l'incipit

Marcuccio Rrrizzo mi coinvolge in un giochetto divertente: elencare gli incipit letterari che mi hanno maggiormente colpito e passare poi il testimone ad altri bloggers.
La cosa mi sfruguglia i due neuroni che possiedo e, presto su questi schermi, cercherò di diffondere una variante fumettistica del gioco cpostando gli incipit fumettistici (ossia le prime tavole) del cuore.

Per adesso, ecco i miei incipit:

Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nel cuore della notte e la voce all'apparecchio che chiedeva di qualcuno che non era lui. Molto tempo dopo, quando fu in grado di pensare a ciò che gli era accaduto, avrebbe concluso che nulla era reale tranne il caso. Ma questo fu molto tempo dopo. All'inizio, non c'erano che il fatto e le sue conseguenze. La questione non è se si sarebbero potuti sviluppare altrimenti o se invece tutto fosse già stabilito a partire dalla prima parola detta dallo sconosciuto. La questione è la storia in sé: che abbia significato o meno, non spetta alla storia spiegarlo.

[Paul Auster, Trilogia di New York: Città di vetro]


Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite,
diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla stolida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo.

[Ray Bradbury, Fahrenheit 451]


È cominciata così. Io, avevo mai detto niente. Niente. È Arthur Ganate che mi ha fatto parlare. Arthur, uno studente, un fagiolo anche lui, un compagno. Ci troviamo dunque a Place Clichy. Era dopo pranzo. Vuol parlarmi. Lo ascolto. "Non restiamo fuori! Mi dice lui. Torniamo dentro!". Rientro con lui. Ecco. "'Sta terrazza, attacca lui, va bene per le uova alla coque! Vieni di qua". Allora, ci accorgiamo anche che non c'era nessuno per le strade, a causa del caldo; niente vetture, nulla. Quando fa molto freddo, lo stesso, non c'è nessuno per le strade; è lui, a quel che ricordo, che mi aveva detto in proposito: "Quelli di Parigi hanno sempre l'aria occupata, ma di fatto, vanno a passeggio da mattino a sera; prova ne è che quando non va bene per passeggiare, troppo freddo o troppo caldo, non li si vede più; son tutti dentro a prendersi il caffè con la crema e boccali di birra.

[Louis Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte]


Sono un uomo malato… Sono un uomo cattivo. Un uomo sgradevole. Credo di avere mal di fegato. Del resto, non capisco un accidente del mio male e probabilmente non so di cosa soffro. Non mi curo e non mi sono mai curato, anche se rispetto la medicina e i dottori. Oltretutto sono anche estremamente superstizioso; be’, almeno abbastanza da rispettare la medicina. (Sono abbastanza colto per non essere superstizioso, ma lo sono.) Nossignori, non voglio curarmi per cattiveria. Ecco, probabilmente voi questo non lo capirete. Be’, io invece lo capisco.

[Fedor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo]


In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l'unico immodificabile evento di cui si possa asserire l'incontrovertibile verità. Ma videmus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell'errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male.
Giunto al finire della mia vita di peccatore, mentre canuto senesco come il mondo, nell'attesa di perdermi nell'abisso senza fondo della divinità silenziosa e deserta, partecipando della luce inconversevole delle intelligenze angeliche, trattenuto ormai col mio corpo greve e malato in questa cella del caro monastero di Melk, mi accingo a lasciare su questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù mi accadde di assistere, ripetendo verbatim quanto vidi e udii, senza azzardarmi a trarne un disegno, come a lasciare a coloro che verranno (se l'Anticristo non li precederà) segni di segni, perché su di essi si eserciti la preghiera della decifrazione.

[Umberto Eco, Il nome della rosa]


Il mio padrone è Luigino Pizza, che tutti lo chiamano così a causa delle pizzerie. Ha una bella faccia e pochi capelli, e somiglia a Bianchi che una volta allenava il Napoli. È un tipo che pare sempre sereno, ma se fa la faccia seria allora pure i suoi soldati si mettono paura. Lui, Luigino, fosse per lui, passerebbe la vita a divertirsi e a cantare le canzoni di Bruno Martino. Ogni volta che va nel piano-bar, a un certo punto il pianista dice:
"Adesso, signori, la voce calda del nostro amico Luigino".

[Peppe Ferrandino, Pericle il nero]


Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.

- Non è com'ero abituato. - Case lo sentì dire da qualcuno, mentre si faceva largo tra la calca, a gomitate, per infilarsi nella porta dello Chat. - È come se all'improvviso il mio corpo fosse affamato di droga, affamato da morire.
Era la voce d'uno di quei disperati che pullulavano abitualmente in quei quartieri multiformi e caotici chiamati in gergo "Sprawl". Il Chatsubo era un bar per espatriati professionisti: potevate berci per un'intera settimana senza mai sentire due sole parole in giapponese.

[William Gibson, Neuromante]


Ecco, per stilare una classifica, le cinque più memorabili fregature di tutti i tempi, in ordine cronologico:

  1. Alison Ashworth
  2. Penny Hardwick
  3. Jackie Allen
  4. Charlie Nicholson
  5. Sarah Kendrew

Ecco quelle che mi hanno ferito davvero. Ci vedi forse il tuo nome lì in mezzo, Laura?Ammetto che rientreresti fra le prime dieci, ma non c'è spazio per te fra le prime cinque; sono posti destinati a quel genere di umiliazioni e di strazi che tu semplicemente non sei in grado di appioppare.

[Nick Hornby, Alta fedeltà]


Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza, e alzando un poco il capo poteva vedere il suo ventre bruno convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si manteneva a stento la coperta, prossima a scivolare a terra. Una quantità di gambe, compassionevolmente sottili in confronto alla sua mole, gli si agitava dinanzi agli occhi.
"Che mi è accaduto?" pensò. Non era un sogno.

[Franz Kafka, La metamorfosi]


Poiché Lord Trelawney, il dottor Livesey, ed altri gentiluomini mi hanno chiesto di scrivere la storia dell'Isola del Tesoro in tutti i suoi dettagli, dall'inizio alla fine, senza tralasciare nulla se non la posizione dell'isola, e questo solo perché esiste là tuttora un tesoro non ancora portato alla luce, prendo in mano la penna nell'anno di grazia 17... e torno al tempo in cui mio padre era proprietario della locanda Ammiraglio Benbow ed il vecchio lupo di mare, con la pelle cotta dal sole e una profonda cicatrice, prese alloggio sotto il nostro tetto.

[Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro]


In treno, dopo Amiens, quando la nebbia e i grigi lo riportano alla stagione d'autunno, e al freddo, si chiede perché sta fuggendo. Lui lo sa. Ma sono ragioni che all'esterno appaiono esili e misteriose, mentre per Lui sono totali e assolute. Va a Londra - sa - perché deve ritrovare la sua terza persona, un fantasma che deve incontrare per continuare a scrivere. Va a Londra per incontrarsi con il suo libro.

[Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici]


È tutto accaduto, più o meno. Le parti sulla guerra, in ogni caso, sono abbastanza vere. Un tale che conoscevo fu veramente ucciso, a Dresda, per aver preso una teiera che non era sua. Un altro tizio che conoscevo minacciò veramente di far uccidere i suoi nemici personali, dopo la guerra, da killer prezzolati. E così via. Ho cambiato tutti i nomi.
Io ci tornai
veramente, a Dresda, con i soldi della Fondazione Guggenheim (Dio la benedica), nel 1967. Somigliava molto a Dayton, nell'Ohio, ma c'erano più aree deserte che a Dayton. Nel terreno dovevano esserci tonnellate di ossa umane.
Ci tornai con un vecchio commilitone, Bernard V. O'Hare, e là facemmo amicizia con un tassista che ci portò al mattatoio dove rinchiudevano, di notte, i prigionieri di guerra.

[Kurt Vonnegut, Mattatoio n.5]



E infine ecco le personcine cui passo volentieri la palla:

Non è un paese per vecchi


Nonostante faccia il libraio, una delle mie abitudini irrinunciabili è quella di acquistare comunque libri anche in altre librerie.
In questo caso, m'è capitato di incrociare Non è un paese per vecchi alcuni mesi fa nella libreria di un aeroporto, mentre ero alla ricerca di tutt'altro.

Non conoscevo McCarthy se non per sentito dire, sono stato attirato dal colore accecante della copertina e, secondo livello d'attrazione, dal titolo.
Vuoi perchè proprio in quel periodo stavo cominciando a chiarirmi molto meglio le idee su OWC, vuoi perchè la quarta di copertina ha fatto il suo dovere, vuoi perchè avevo la curiosità di leggere qualcosa di un autore di cui non avevo mai letto niente, ho acquistato il libro.

Ho cominciato a leggerlo durante il volo Alghero-Milano, con l'intenzione di finirlo fra l'andata e il ritorno, ma dopo le prime 30/40 pagine ho preferito cercare di dimenticarmi del volume e di ciò che raccontava, troppo vicino a ciò di cui volevo raccontare con OWC, almeno così mi sembrava allora.
Son passati i mesi, il progetto con Gianfranco ha preso una strada molto diversa e, nel frattempo, non riuscivo nemmeno più a trovare il libro.
E' risaltato fuori casualmente mentre riordinavo la libreria per l'incontro di presentazione di Garrett e mi sono quindi ripromesso di riaffrontarne la lettura, soprattutto per assecondare le particolari alchimie che sottendono il perchè, a volte, scelga di leggere un libro piuttosto che un altro. Ma a questo discorso, magari, dedicherò un post in futuro.

Rubo la trama dalla quarta di copertina del volume:

nel Texas dei nostri giorni, lungo il confine con il Messico, si incrociano i destini di tre uomini. Uno di loro sta fuggendo con una borsa piena di dollari, gli altri due lo inseguono. Due sono ancora legati ai vecchi valori della frontiera, il terzo incarna il male assoluto che distrugge ogni cosa sul suo cammino. Tutti agiscono spinti da una necessità ineluttabile, da leggi che nessuno ha il potere di cambiare, in un mondo dove solo gli spietati sopravvivono e dove si può scegliere soltanto «in quale ordine abbandonare la propria vita».


Dire che ho divorato le 250 pagine in un amen è poco.

McCarthy ha uno stile talmente asciutto ed essenziale che sembra una lama affilatissima, t'entra dentro a far sconquassi e nemmeno te ne accorgi.
McCarthy non descrive, mostra (don't tell, show!).

Le sue scelte lessicali sono pallottole, l'aggettivazione misurata il loro calibro calcolato al millesimo, il senso secco della frase e del dialogo la capacità di fuoco ritmatissima, anche grazie all'accorto e parsimonioso ricorso alla metafora.
La scrittura di McCarthy è fortemente iconica, cruda, e l'autore texano (d'adozione) amministra le ellissi di montaggio, climax ed anticlimax con una maestria addirittura irritante per quanto appaiono perfette.

McCarthy scrive di genere nell'accezione più pura ed esaltante: western, thriller e noir convivono alimentandosi vicendevolmente, intrecciandosi e nascondendosi l'un l'altro, impregnando personaggi, ambientazioni e atmosfere, mutano le proprie regole codificate in un finale (considerate il termine nel suo significato più ampio possibile) sorprendente e stordente.

I temi, poi, sono dei più golosi: la frontiera (geografica ed etica, morale), la tentazione irresistibile, la libertà come libertà di ferocia, la decadenza dell'impero, la rilettura malinconica dei valori di allora, la necessità della scelta, la spietatezza umana e la spietatezza del tempo, la fuga come ricerca e scoperta di un nuovo sè, la vecchiaia, la verità vera e la verità filtrata.

Se state ancora leggendo questo lungo e disordinato sproloquio, chiudo con l'ultima sparata: andate dal vostro libraio di fiducia, acquistate o ordinate Non è un paese per vecchi, leggetelo e - se non dovesse piacervi - vi restituirò i soldi.
Io, nel frattempo, ordino tutti gli altri libri del mio nuovo scrittore preferito.


titolo: Non è un paese per vecchi [titolo originale: No Country for Old Men]
di: Cormac McCarthy
traduzione: Martina Testa
editore: Einaudi
pagine: 254
prezzo: 17 €