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incipit a fumetti - Torpedo 1936

In realtà avevo un altro incipit per le mani, ma poi ieri ho trovato il blog indicato nel post qua sotto e non ho resistito alla tentazione di dirottare sulla prima tavola di Torpedo 1936.

I testi sono di Enrique Sanchez Abuli (come per tutte le altre storie del personaggio), mentre i disegni sono di quella sorta di monolito che rispondeva al nome di Alex Toth.
Il personaggio è caratterizzato fisicamente in maniera molto diversa da com'è poi entrato nella Storia del fumetto, avendo Toth abbandonato la serie dopo il secondo episodio per lasciare i disegni a Jordi Bernet.



Fin da questa prima pagina Abuli e Toth delineano quelle coordinate entro le quali si muoverà la serie in tutto il lungo prosieguo.


Abbiamo il teatro, la New York di metà anni '30, abbiamo le figure archetipiche di un genere - quello gangsteristico - che viene riletto in chiave grottesca e abbiamo un protagonista che già alla prima didascalia si presenta per quello che è e - soprattutto - che sarà in tutta la serie: un meraviglioso, straordinario paraculo senza scrupoli.
E col senno di poi, quanto programmatica in questo senso risulta essere tutta la prima vignetta, con quella silhouette di pistola e fondina a fare da quinta insieme al montante del letto e, in secondo piano, Torpedo che sta per fumare dopo l'amplesso).

In tutto questo - ma è facile dirlo avendo la consapevolezza del monumentale lavoro successivo di Bernet - mi permetto una bestemmia: forse lo stile di Toth non sarebbe stato alla lunga il più adeguato, ma rimane il fatto che in questa pagina il disegnatore dimostra tutta la sua sontuosa maestria nella sintesi, l'estrema misura dell'efficacia narratiiva, il fermo controllo dei bianchi e dei neri e l'ineguagliata eleganza del segno.

lost in the plot


Capita ai migliori, figurati se non capita anche a te.

Ed è sempre una sensazione in bilico fra l'adrenalinico e il depressivo: hai tutti i tasselli e conosci la rotta da tenere, hai una paccata di appunti tale che ne utilizzerai inevitabilmente solo la minima parte, hai le migliori intenzioni, ma hai anche il terrore più cieco di esserti immerso in una cosa più grande di te, di non riuscire a gestire in maniera credibile ed efficace tutto il magma di immagini, suggestioni, facce, parole e azioni.
Però, perso là in mezzo, sai quanto sia importante la scintilla che si sprigiona dal corto circuito di quelle due emozioni così agli antipodi e ti ritrovi con il paio di occhiali più belli attraverso cui sia possibile guardare e leggere il mondo che ti circonda.


NOTA: l'immagine qua sopra è stata piratata senza vergogna alcuna dall'ultimo numero di Internazionale, attualmente in edicola.

I racconti contestuali di David Polonsky


I fumetti pubblicati su Internazionale nella rubrica Graphic journalism lasciano spesso a desiderare, persi troppo spesso nella vacuità dello sperimentalismo più freddo, nell'inutilità delle immagini rispetto al testo o nella pochezza di quest'ultimo.

Sull'ultimo numero attualmente in edicola, però, il sobbalzo è d'uopo e l'applauso fragoroso per Cartoline da Tel Aviv, due pagine realizzate David Polonsky, autore israeliano già nello staff del film Valzer con Bashir in qualità di art director.

In questo dittico, Polonsky ricorre a una soluzione narrativa non nuova* come la scomposizione di un'immagine unica in più immagini non sequenziali, ma riaggiornata attraverso l'uso del punto di vista, la cui moltiplicazione e diversificazione trova unità sia - ovviamente - nell'immagine di partenza che - soprattutto - nei collegamenti anche imprevedibili fra i vari frammenti.

L'immagine scomposta si fa racconto. Anzi, racconti contestuali.

C'è di che imparare e, soprattutto, copiare per bene.


*vengono in mente, d'acchitto, Crepax, Bacilieri e molti manga, anche se in questi casi è più spessp lo stesso attimo a essere scomposto in più frammenti col fine di dilatare il tempo, il medesimo istante.

Danny Trejo e l'arte della ruga

Con un manifesto così, Machete non potrà che essere un film straordinario.

E poi, soprattutto, c'è lui!
Finalmente un ruolo da protagonista per una delle facce più rugose, sporche, cazzute, cattive, silenziose, tese, pese, messicane, torve, polverose, sbozzate, ringhianti di Cinelandia tutta.



Danny Trejo non avrà le sottigliezze e sfumature espressive tutte a togliere di attori di prima grandezza, ma ha uno sguardo che è una sentenza e dosi di carisma oltre il quantificabile.
Non mi piace ricorrere a volti cinematografici nel definire fisicamente un personaggio a fumetti, ma per Trejo e pochissimi altri la tentazione è sempre fortissima, ai limiti dell'irresistibile.
Dopo
Machete temo che cedere sarà l'unica opzione possibile (ma anche no).

incipit a fumetti - Alack Sinner

Tempo fa è partita una catena fra blog che invitata i contagiati a segnalare quelli che per loro fossero i migliori incipit di libri.
Riprendendo quello spunto, da oggi - senza alcuna regolarità - mi divertirò a postare gli incipit dei fumetti* che maggiormente amo o ho amato.
Non si tratta di una catena, nè ho ancora chiaro come organizzerò questa serie di post.
A volte metterò solo la pagina, altre volte magari mi scapperà qualche riflessione.

Intanto parto con la prima tavola di Alack Sinner.
Testi di mastro Carlos Sampayo e disegni di mastro José Muñoz.



In tre movimenti i due autori mostrano immediatamente ambiente, protagonista e quello che sarà uno dei personaggi più ricorrenti di tutta la serie.

Vignettone d'apertura, Alack Sinner con tutte le ombre giuste addosso, un gesto di confidenza evidente rivolto al barista e mentre questo versa, Alack ha già acceso la sua prima sigaretta.

Il tutto senza una parola, che non sarebbe servita perchè di quel bar si sente l'odore, la puzza di fumo, di quel bar vediamo le luci e di quei personaggi intuiamo già il carattere.
Dopo, quando avremo letto l'intero episodio, questa pagina risulterà ancora più bella, efficace e potente nella sua estrema semplicità.


*su cosa possa essere considerato incipit per un fumetto (la prima pagina? la prima vignetta?) a tutti gli effetti penso si potrebbe discutere. Intanto - per me - è la prima pagina.

due modi per cominciare bene la giornata


Primo modo - conoscere per caso un bellissimo blog come Movies in frames: non servono parole per descriverlo, è tutto nel titolo e nell'immagine esemplificativa qua sopra.

Secondo modo - trovare nelle parole di un gigante quelle che non saresti in grado nemmeno di pensare:

"Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile."
Fabrizio De André

sulla punta delle dita



Ci sono momenti come questo, che si sbloccano così, e poi ce ne sono anche altri in cui, invece, senti naturalmente che il peggio è passato e, soprattutto, che le facce cominciano a prendere espressione, i corpi a muoversi e a interagire per un buon motivo e in spazi che gli prendono forma attorno.

Spesso ciò che accade dopo è molto diverso da quella serie di suggestioni e flash che si rincorrono, ma importa poco davvero: ciò che conta è quando le dita cominciano a prudere per restituire a parole anche solo la minima parte di ciò che si è affastellato dentro sotto forma di immagini.

Prendi ago e filo per cucire in maniera robusta e bella alla vista e sai che manca un niente perchè ogni tassello vada al suo posto: sta tutto sulla punta delle dita.


Perplessità e certezze


Continuo a chiedermi perchè insista nell'acquistare XL: un buon 50% degli articoli, mediamente, non m'interessa per niente (o ne detesto gli argomenti, tipo gli emo di questo mese) e, del restante 50%, più della metà affronta argomenti che ho già avuto modo di approfondire - spesso meglio - sulla rete.

Tex taglia il traguardo dei 60 anni. E se non è una certezza questa, non so davvero quale possa esserla.

Ho la certezza che avere la scimmia per i dvd dovrebbe perplimermi, ma così non è.
Mentre cerco di risolvere il paradosso, mi godo I Soprano (sto finendo la quinta stagione e già dopo il primo episodio della prima sono diventati la mia serie preferita insieme a The Shield e 24).

Non scrivo una riga da mesi, ma pur perplimendomi, una volta tanto la cosa non mi preoccupa più di tanto: ho la certezza che il tappo stia per saltare.

Sono sicuro che il blog tornerà a perplimermi.

Mi perplime molto, ma molto molto molto che il prezzo d'ingresso per una fiera del fumetto - per quanto possa essere la più importante - possa arrivare a costare 12 euro al giorno.
No, dico, 12 euro per entrare in un supermercato dove spendere soldi. Mah.

Non ho alcuna perplessità sul fatto che PandaliKEs di Giacomo sia un vero e proprio gioiello.

Sono certo che 610 sia una delle trasmissioni più divertenti che potreste ascoltare in radio.

Tex come pistacchi


E' vero, ho imparato a leggere su Tex (e su Topolino e su qualche altro fumetto) ed è altrettanto vero che l'ho letto regolarmente per anni.
E' stato uno dei primi fumetti che ho collezionato, ma poi - da una quindicina d'anni buona - ho preso a seguirlo con distrattissima irregolarità, spiluccando a caso.

Da qualche mese - invece - sono assalito da una scimmia vorace, che mi porta a divorare Tex come fossero pistacchi.
Dapprima solo la serie regolare, ma aspettare un mese intero senza la dose è diventata da subito un'impresa ardua. Ho quindi cercato di compensare aggiugendo anche la collana Tre stelle, ma prestissimo si è resa insufficiente pure quest'ulteriore iniezione di texità e a quel punto ho definitivamente accettato la mia nuova condizione di tossico senza possibilità di guarigione, aggiungendo all'elenco anche TuttoTex e Tex nuova ristampa.

Ora le cose vanno meglio e con cadenza quasi settimanale riesco a far fronte all'insaziabile appetito, tanto da poter cercare di capire con un filo di lucidità il perchè di questa malattia.
Non sono arrivato ad alcuna conclusione sconvolgente nè a psicanalizzarmi fino al mio io più profondo, ma ho seplicemente capito che - ocio alla banalità - Tex mi piace.

Mi piace il personaggio, mi piacciono le dinamiche fra lui e i co-protagonisti, mi piace scoprire la lenta evoluzione e gli impercettibili (ma sostanziali) cambiamenti apportati alla serie nel corso dei decenni, mi piace riconoscere la differenza d'approccio di un Nizzi rispetto a un Boselli, mi piacciono quelli che ormai sono diventati i luoghi comuni texiani, mi piace che le storie siano lunghe, lunghissime, mi piacciono i disegnatori che da decenni ancora ci lavorano e incarnano la memoria storica di una serie fondamentale del nostro fumetto, ma - soprattutto - mi piace il genere perchè permette di costruire degli intrecci in cui il conflitto (vero e proprio motore di ogni storia di ogni genere e forma) può trovare applicazioni dalle più essenziali e basiche (l'assedio, il duello, l'inseguimento, l'indagine) alle più elaborate e dense di sfumature.

E Tex mi piace anche per quelli che sono a mio avviso i suoi difetti più evidenti (e che come lettore mi fanno incazzare non poco), dagli scivoloni grossolani nei dialoghi alle stucchevoli digressioni, dalla pulitina piattezza della parlata dei personggi, fino a certe deflagrazioni di fluviale e verbosa didascalicità, che costituiscono a volte un vero e proprio macigno indigesto.

challenger of unknow


Uno degli aspetti dello scrivere che maggiormente amo è la ricerca della documentazione utile per la storia.
Che si tratti di una storia breve o di qualcosa di più strutturato non cambia niente: amo perdermi per i dedali di internet alla ricerca di notizie, foto e immagini che possano servire alla bisogna. Internet, appunto: non riesco davvero a immaginare come potrei fare senza, come potrei fare senza considerando l'immane pigrizia che riesce a soffocarmi e che - nell'era pre-web - mi avrebbe impedito di fare le giuste ricerche nel giusto modo.

Ma per fortuna il problema non si pone: a portata di click c'è tutto, con buona pace per le banalità, i luoghi comuni e, soprattutto, la pigrizia.
Mi servono delle notizie da cui partire per farmi un'idea di un certo argomento? Ottimo, c'è Wikipedia.
Ho bisogno di foto? Niente di più facile che partire da Flickr.
Urgono filmati? E che ci vuole, basta fare un salto su YouTube.
Sarebbe comodo riascoltare una canzone per quell'atmosfera che cerco? Radioblogclub è quello che fa per me.
E' il caso di ordinare qualche monografia? IBS o Amazon sono lì apposta.
E tutto questo senza considerare il gomitolo aggrovigliato di link intermedi, forum, blog, siti e quant'altro.

Certo, è vero che il rischio di dispersività è piuttosto alto, ogni notizia raccolta deve poi essere incrociata con altre prese da altre fonti, a volte si rischia pure di stare ore a navigare con la scusa di cercare documentazione ma col risultato di stare ore (giorni?) senza scriver niente, ma si tratta di aspetti tutt'altro che inaffrontabili e che aggiungono pure un po' di sale.
Almeno fino a quando non mi verrà qualche buono spunto per una storia porno e avrò necessità di cercare documentazione anche su quello...


archetipi - 1



Originalità è una delle parole più pericolose che si possano usare nel momento in cui si commenta un'opera e, a mio avviso, une delle chimere più irraggiungibili che si possano rincorrere nel momento in cui si cerca di realizzare qualcosa.

Da quando con Gianfranco abbiamo cominciato a lavorare a OWC, abbiamo cercato di non tenerla mai presente, avendo come unica ambizione quella di raccontare al meglio e onestamente (prima nei nostri confronti, poi nei confronti di chi ci leggerà) una storia nella quale crediamo ciecamente.
Tutto ciò non significa che abbiamo abdicato programmaticamente all'idea di consegnare ai lettori il nostro personale sguardo o che preferiamo adeguarci ai più convenzionali approcci narrativi, magari i primi e più consueti nel momento in cui si racconta una storia di genere.
Sì, perchè OWC sarà una storia fortemente di genere, una storia in cui attraverso il genere cercheremo di veicolare altro.
Questo ci pone la necessità di rapportarci in maniera chiara nei confronti degli archetipi narrativi e di capire al meglio cosa ci può servire e cosa invece sarà meglio lasciare o nel non detto o nel non-considerato.
Come sempre, si tratta e si tratterà di effettuare scelte ben precise, affidandoci a quell'arma meravigliosa e pericolosissima cui ho già accennato nei giorni scorsi, la sintesi.
Sintesi non solo stilistica, quindi, ma anche intesa come risultante del confronto fra le regole archetipiche del racconto di genere e le nostre personali necessità espressive.
Volano parole grosse.

Nota finale: il film che ho postato è The great train robbery, il primo western della storia del cinema, e ha molto a che fare col discorso.


OWC - di rallentamenti e ricerca di sintesi


Lo stato delle cose di OWC è molto rallentato rispetto ai programmi originari, non certo per mancanza d'entusiasmo nè, peggio, per decisioni drastiche a riguardo.
Tutt'altro, sia io che Gianfranco fremiamo e strepitiamo per potercivi dedicare anima e corpo con estrema regolarità e slancio.

Nel frattempo - comunque - ognuno per conto proprio stiamo affrontando un percorso alternativo/integrativo d'approccio, Gianfranco al segno e io alla parola, accomunato dal punto d'arrivo cui puntiamo, ossia la sintesi.

I miei risultati sono difficilmente mostrabili, se non quando avremo delle tavole - o, meglio, delle sequenze - da mostrare.
Gianfranco, di suo, sta sperimentando su bozzetti, studi e quant'altro (e anche se non riguardano direttamente OWC, vi invito a visitare subito il suo blog per intuire meglio a cosa mi riferisco) .

Inoltre, entro un tot di tempo apriremo un blog dedicato esclusivamente a questo progetto.

storie e pantaloni corti


Per tutta una serie di motivi importanti, era da un paio di mesi che avevo preso le distanze da OWC. Un po' per necessità e un po' per scelta, ne sono uscito e ho cominciato a fare come se non ci fosse.
Oddìo, non è che ho un cervello che riesce a ragionare per compartimenti stagni, ma ho provato a guardare ciò che stavamo facendo con Gianfranco da un punto d'osservazione diverso, esterno e utile a far risaltare eventuali storture altrimenti invisibili a distanza ravvicinata.

Da un paio di giorni, invece, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo riavvicinati ai protagonisti, alla vicenda e - come sempre riguardo OWC - ho provato una serie di sensazioni inedite (data la mia poca sperienza), anche se a loro modo contraddittorie, sospese com'erano fra l'adrenalinico più elettrizzante e una sottile forma di fastidio.
Se le prime, com'è naturale, mi sono sembrate spiegabili, le seconde mi hanno spiazzato, almeno fino a quando non ne ho individuato i motivi, almeno quelli che mi sembrano i motivi più plausibili.

E quando le parole non sono sufficienti, le metafore sono utilissime: io soffro tremendamente il caldo e d'estate non riesco davvero a indossare i jeans. Proprio mi soffocano. Gli stessi pantaloni indossati fino a qualche giorno prima, all'aumentare della temperatura mi sembrano insopportabili e ho bisogno di passare ai pantaloni corti. Pratici e freschi.

E' arrivata l'estate anche per OWC, ho bisogno di qualcosa di più pratico, comodo. Devo solo alleggerirmi di qualcosa per continuare a lavorare con lo stesso trasporto di prima e questo qualcosa è ciò su cui mi sto concentrando con curiosità in questi giorni.

facce tese


Ieri sera ripensavo a una chiacchierata fiume avuta con Antonio in quel di Napoli, durante la quale abbiamo parlato anche della mia impermeabilità (incapacità?) ad affrontare nella scrittura temi - se non umoristici - almeno leggeri.

Stamattina ho girovagato fra le cartellette in cui sono archiviate le storie che ho scritto/che sto scrivendo/che vorrei scrivere e per quanto le cose non siano sempre dipese esclusivamente da me (alcune idee le ho sviluppate proprio con Antonio, altre su invito più o meno diretto di qualche disegnatore), devo riconoscere che l'unica costante fra i vari personaggi è una certa tensione o comunque una certa distanza quanto meno espressiva dalla leggerezza.

Non so cosa questo possa significare o se addirittura significhi davvero qualcosa, ma mi sono divertito a riunire i volti dei protagonisti di queste storie, cercando di ordinarli in ordine cronologico.
Ne è venuta fuori l'immagine qua sopra, che spero abbia almeno l'utilità di diventare un appunto visivo da tenere a mente.
Mancano alcuni di quei personaggi che ancora non hanno trovato una faccia e che per ora vivono solo in alcuni file di Word.
Magari andranno a comporre un eventuale secondo appunto visivo.

cose da scrivere e immagini prepotenti


Le cose da scrivere, per fortuna, non mancano.
Una in particolare deve anche essere ancora ben sviluppata e ha pure - per quanto in là - una scadenza. Altre sono già avviate e necessiterebbero di essere mantenute vive.

Eppure, nonostate la testa sia orientata verso ciò che sta prendendo forma, ci sono momenti in cui una postura, due basette trasandate, una calvizie incipiente, uno sguardo da impiegato arrogante, una fondina con pistola e un balloon vuoto ti impregnano le retine e, risalendo lungo i nervi ottici, vanno a impiastricciare i neuroni e a trovare spazio fra le sinapsi.

Capita anche che, quasi per gioco, riempi di parole quel balloon vuoto e ti ritrovi in un attimo a immaginare un contesto, un'ambientazione, una parvenza d'intreccio, un finale. E hai pure una buona intuizione tecnica.

C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo, perchè non è ciò che stavi cercando.
Ma c'è anche qualcosa di profondamente irresistibile e non hai alcuna intenzione di resistergli.
E allora non ti resta che dare la colpa a chi quegli elementi li ha condensati in un'immagine che trova così prepotentemente spazio fra le altre fra le quali ti stavi districando.

Il colpevole si chiama Simone Guglielmini e trovate il suo blog a una frazione di secondo, per la precisione qua.


sovraccarico


OWC procede e procede secondo la tabella di marcia che con Gianfranco abbiamo stabilito.
Da qui a fine agosto dovremo realizzare fra le 15 e le 20 tavole al mese (un bel gruzzolo davvero) e fino ad ora siamo attorno a quota 15, almeno per quanto riguarda le tavole disegnate.
Io personalmente ho chiuso il primo blocco di 24 che - più o meno - corrisponderà al primo capitolo della storia (strutturata su quattro capitoli).

La scorsa settimana ho iniziato a stendere le prime pagine del secondo capitolo, ma è da qualche giorno che ho preferito sospenderne la scrittura perchè mi trovo in una fase di eccesso di immagini, parole, momenti da raccontare che sta rischiando di confondermi.
Niente di allarmante, ci mancherebbe, meglio l'abbondanza che l'esatto opposto, però ho ritenuto meglio distaccarmi per un momento dalla storia, fermarmi a guardarla un po' da lontano e non pensarci, così da far decantare il tutto e riaffrontarla con ciò che rimane a galla, che - in teoria - dovrebbe essere ciò che per questa sarà davvero necessario e utile.

Fino ad ora ho scritto quasi esclusivamente storie brevi e non mi ero mai impegnato in un lavoro così lungo. Ovvio che sia stimolante, soprattutto perchè già da questi primi passi (30 tavole su un centinaio...) mi sta facendo capire l'importanza di non perdere di vista il risultato finale che con Gianfranco ci siamo proposti.


L'aspetto più esaltante sta nel fatto che nei momenti di difficoltà, in cui - ad esempio - le vicende necessitano di una variazione rispetto al soggetto, ci stanno venendo in soccorso le caratteristiche stesse dei personaggi o l'essere consapevoli di ciò che vogliamo raccontare.
Le risposte, a tutt'oggi, stanno sempre là.

vademecum per sceneggiatori distratti o smemorati


Saggezza da Baci Perugina: avere sott'occhio tutte - o quasi - le possibili inquadrature utilizzabili in una scena permette di ottenere dei buoni risultati in partenza non previsti e, addirittura, di poter correggere le cazzate fatte. (anonimemo)


inventare ricordi

Se non avessi fatto il libraio e se non avessi fatto i primi passi da sceneggiatore, molto probabilmente avrei fatto il robivecchi.
Non l'antiquario, non l'archeologo, ma proprio il robivecchi.
Tutto ciò che è ammantato da una patina di vecchio ha su di me un fascino del tutto irresistibile.
Non parlo di antico, di appartenente ad altre epoche, ma di tutto ciò che ha un trascorso non distante più di un secolo da me.
Possono essere vecchie foto, vecchi oggetti, vecchi libri, vecchi luoghi, vecchi racconti, può essere qualsiasi cosa riesca a mettere in contatto me, nato nel '72, con un mondo nel quale non potrei vivere se non per come il tempo l'ha cambiato o per i ricordi che può aver lasciato in qualche persona che me ne fa dono.
Il virato in seppia, il bianco e nero scatenano in me delle suggestioni davvero uniche, una curiosità non arginabile che accende all'unisono tutte le possibili domande attinenti quel qualcosa.
Chi? Come? Dove? Quando? e, soprattutto, perchè?
Poco importa se riesco a ricostruire l'iter preciso che ha portato quel qualcosa a incrociare il mio percorso, anzi.
La suggestione del tangibile in quel momento lascia spazio alla (viene addirittura soverchiata dalla) necessità intima e naturale di immaginare le risposte, di ipotizzarle, di raccontarle.
Una forma di racconto che rilegge l'accaduto a partire da ciò che ne è rimasto, che vi resta legato proprio attraverso il possibile, che può colmare lo spazio vuoto fra ciò che era e ciò che è (o non è più) oggi. Nulla a che fare con la psicometria, ovviamente, forse solo l'illusione di creare ricordi non miei.

[integrazione del 19/03]

immaginavo che qualcun altro poteva dire le stesse cose che ho detto io in maniera ancor più pregnante e - a suo modo - definitiva.
Questo qualcun altro è Francesco Guccini, che in Vite fotografa alla perfezione ciò che intendevo col post qua sopra (un ringraziamento ad Andrea Leggeri per la segnalazione).

(...)
Mi piace rovistare nei ricordi

di altre persone, inverni o primavere
per perdere o trovare dei raccordi
nell’apparente caos di un rigattiere:
quadri per cui qualcuno è stato in posa,
un cannocchiale che ha guardato un punto,
un mappamondo, due bijou, una rosa,
ciarpame un tempo bello e ora consunto,
pensare chi può averli adoperati,
cercare una risposta alla sciarada
del perché sono stati abbandonati
come un cane lasciato sulla strada.
Oggetti che qualcuno ha forse amato
ora giacciono lì, senza un padrone,
senza funzione, senza storia o stato,
nell’intreccio di caso o di ragione.
(...)












linguaggi diversi



Un paio di mesi fa postai un breve racconto - La persistenza della colpa - che mi fu suggerito da una foto trovata in rete (lo trovate QUI) e successivamente mi venne la curiosità di sperimentare se ciò che mi sembrava funzionare solo come parola scritta potesse reggere anche nel passaggio a una forma diversa, ossia un fumetto.

Ne è scaturita una sceneggiatura per una breve storia di sei pagine e ho toccato con mano quanto fosse necessario adattare il solo testo scritto al nuovo linguaggio.
Ciò che ho cercato di mantenere è innanzitutto il senso, il cuore della storia, così come le atmosfere che avevo cercato di creare attraverso il racconto.
L'aspetto più delicato da affrontare, che ha imposto di intervenire in maniera più attenta, è stato (e sarà) quello di capire cosa mostrare attraverso le immagini e cosa lasciare alla parola scritta, individuare l'equilibrio fra suggestione e visibile.

Qualche settimana fa, inoltre, riprendendo con Duccio il discorso relativo al Benzi, ci siamo ritrovati di fronte alla necessità di partire un po' più da lontano per far incontrare al meglio il mio ruolo/linguaggio di sceneggiatore e il suo di disegnatore su una distanza meno difficoltosa della storia lunga (presumibilmente molto lunga) che vedrà il Benzi protagonista.
Abbiamo quindi deciso di cimentarci su una storia breve sulla quale poter esercitare un controllo maggiore e sulla quale provare a sperimentare non tanto ciò che racconteremo con il Benzi, quanto il nostro modo di lavorare insieme.
Ho quindi proposto a Duccio di lavorare sull'adattamento a fumetti de La persistenza della colpa, soprattutto perchè - mentre lo sceneggiavo - intimamente lo visualizzavo disegnato proprio con il suo stile.

Tempo pochi giorni e Duccio ha realizzato qualche studio sui due personaggi protagonisti e gli storyboard delle prime tre tavole (l'immagine che vedete lassù è lo storyboard della terza) e stiamo capendo sempre meglio come raccontarla nel giusto modo.

Parallelamente a questo percorso di incontro di linguaggi, ho individuato un elemento ricorrente in sottofondo, la musica, un ulteriore linguaggio, che regala a questo piccolo lavoro un ulteriore aspetto interessante (almeno per me, spero per voi).
Il passaggio dal racconto alla sceneggiatura è stato accompagnato - cosa inedita per me - dall'ascolto di musica, Duccio è un musicista e il racconto del Benzi e i disegni di Duccio ispirarono a un amico musicista un valzer.
Mi piace pensare che tutto ciò sia di buon auspicio.


scrivere Killer Elite


Sono stato coinvolto in Killer Elite da Lorenzo Corti, che mi chiese di salire a bordo sul finire del 2005.
Ho accettato con grande entusiasmo soprattutto per tre motivi.
Intanto, il progetto mi aveva da subito divertito tantissimo come lettore e poi mi stuzzicava enormemente l'idea di partecipare a una storia corale (più autori, più personaggi e più storie/episodi/capitoli).
Infine, ero curioso di lavorare per la prima volta su personaggi altrui e sotto la supervisione dei loro creatori (Lorenzo e Alessio).

In generale, scrivere KE2 è stato molto divertente, così come è stato molto molto istruttivo partecipare a una storia corale rispettando il lavoro dei suoi creatori.
Da quest'ultimo punto di vista, ho toccato con mano l'importanza di tenere come unico punto di riferimento il risultato finale, la storia da raccontare, imponendomi di considerare sempre questa come prioritaria rispetto alla tentazione di imporre il mio sguardo sui personaggi.

In origine avrei dovuto scrivere solo un capitolo di KE2, ma in itinere si è reso necessario coprirne anche un altro.
Il primo è stato disegnato da Gianfranco Giardina, il secondo vedrà a breve all'opera Andrea Del Campo.

Con Gianfranco abbiamo affrontato il nostro capitolo dopo molti mesi di scambi continui e di lavoro su OWC, quindi si era già instaurato un bel feeling e avevamo già cominciato a sviluppare uno sguardo comune sull'approccio al racconto.
Il nostro capitolo è stato frutto di uno scambio di idee telefoniche, in cui abbiamo visualizzato la sequenza, fissandone il baricentro e il mood, che poi Gianfranco ha tradotto in storyboard che sono serviti a me per scrivere i dialoghi. Ora Gianfranco è passato alle matite definitive, che verranno inchiostrate da Lorenzo Ruggero. Se vogliamo, un modo di lavorare quasi all'americana, cosa del tutto inedita per me.

Con Andrea, invece, ci conosciamo poco e KE2 costituirà il nostro primo lavoro insieme.
Per la sequenza che stiamo realizzando insieme ho scritto una sceneggiatura vera e propria, che prevede all'origine la regia della tavola così come i dialoghi. In questo senso, il modo in cui verrà realizzato il nostro capitolo sarà più tradizionalmente all'italiana o all'europea che dir si voglia.
Sono estremamente curioso di vedere come verrà portato a termine il lavoro, così da trarne ulteriori riflessioni.

In una prossima occasione vedrò di approfondire un'altra dinamica, quella fra me e gli altri sceneggiatori dello staff, ma magari - per amor di cross-over - direttamente sul blog di KE.
Su quest'ultimo, oltretutto, potete fin da ora sapere come fare a prenotare l'albo.