I più arguti non avranno mancato di notare che su queste pagine c'è una novità . E una novità coi controcazzi, direi. Il nuovo header che vedete là in alto e riprodotto mini qua in basso (o meglio, poco là in alto, non proprio là in alto in alto) è opera di quel bellissimo uomo di Werther.
Recentemente, Werther (oltre a bullarsi - giustissimamente - di una cosa bellissima) ha dato fondo a parecchi barattolini di china per realizzare una serie di stupendevoli illu a tema hard boiled (1, 2 e 3) e - data tutta una serie di cose che riguardano me, lui e qualcun altro - sono andato in fregola e lui ha assecondato i miei petulanti sbavazzamenti.
Piccolo, gigantesco film. Piccolo nella regia, piccolo nella confezione, piccolo nell'intreccio. Ma gigantesco nella potenza dirompente del senso e dell'interpretazione di Rourke, qui in uno dei suoi ruoli migliori.
Aronofsky si tiene un passo indietro (anche visivamente, fisicamente: tante, tantissime le riprese che seguono di spalle il goffo e stanco deambulare di Rourke) e lascia spazio al crollo sacrificale di un cristo che ha fallito in ogni aspetto della propria vita, tranne che lì dove non può farsi male, fra le braccia al cielo e le voci urlanti di una famiglia tribale. E nel sacrificio si compie il suo dono più alto, il suo darsi senza chiedere nient'altro che un grido d'approvazione, d'ovazione.
Un film crudo, duro, ma che sprigiona una forza emotiva impressionante e che - come ogni opera dotata di uno sguardo, non si esaurisce qui. Fra le pieghe del racconto emergono altri spunti e la pellicola di Aronofsky si apre ad altre interpretazioni: ultimo chiodo sulla bara degli '80 (salutati attraverso le note dei Guns) e amara riflessione sul fallimento dell'imperialismo americano.
"(...) Se io mi scavo di nuovo un buco sotto terra, così come ho vissuto per tanti anni, e lì dentro faccio succedere qualcosa e ci metto tutta la poca o tanta energia a mia disposizione per renderla forte al massimo, be' questa non è una resa. Dico semplicmente che mi sottraggo a delle condizioni che mi imprigionano, che limitano la mia libertà , che mi fanno vivere nell'amarezza. Cosa che voglio evitare assolutamente. (...)".
Sono orgoglioso dell’intelligenza di Einstein e di Omero come mi fossero parenti, orgoglioso che abbiano saputo capire tanto, creare così. Mi vergogno dei canini affilati di Hitlercome fossero miei.
Tutto quel che ha fatto l'uomo mi coinvolge perchè sono uomo anch'io. Fossi di Andromeda me ne sbatterei i coglioni di sapere cos'è un uomo, di quali vette possa scalare e di quale sia la radice del maleche gli rode l'anima (che mi, che ti, che ci rode e consuma)
Ammesso che gli andromedi abbiano coglioni e non si riproducano per autoimpollinazione morendo ogni tramonto e rinascendo all’alba.
Non so se è una cosa che sarebbe successa anche da altre parti o se si tratti di una reazione/comportamento tipicamente sassarese, ma la domanda è: c'è ancora così tanto bisogno di opera di convincimento nei confronti dei civili per farli avvicinare al fumetto? E' ancora necessario così tanto lavoro per incuriosire/stimolare chi sia digiuno riguardo il mezzo?
Chi passa di qui ha assistito a situazioni simili? Cosa ne pensate?
Wordle è un sito che vi permette di ottenere un'immagine statistica sulle parole maggiormente utilizzate in un testo o in una pagina web.
Così a naso, a vedere l'immagine che ho ricavato riguardo il mio blog, penso che si concentri sulla home page e basta, ma è comunque un esperimento divertente.
Fumettinfestival! - consuntivo in immagini movimentate
12:20
[emo]
2 Comments
Il video qua sopra è opera dell prode Bruno Olivieri, che - insieme a un manipolo di altri valorosi cagliaritani (ciao Massimo, ciao Silvio, ciao Marco) - non si è lasciato intimorire dai pericoli della ss131e sabato era fra i pochi (ma buonissimi, bellissimi e simpaticissimi) presenti all'incontro con Sergio.
Appena me le passeranno, posterò anche qualche foto, magari unitamente a qualche commento sulla bella serata e a qualche considerazione sull'apparente incomunicabilità tra il pubblico dei fumetti e il pubblico della musica.
E' con un certo imbarazzo che costringo queste considerazioni a convivere nello stesso blog con quelle sul Watchmen di Snyder. Per rispetto avrei dovuto aspettare qualche tempo e mettere prima in quarantena queste pagine, ma l'urgenza è una brutta scimmia.
L'America dello zio Clint non è quella sognata da Obama, è ancora un'America fortemente radicata nelle sue contraddizioni e storture, non è (più, se lo è mai stato) il Paese dei sogni, ma continua a essere una polveriera pronta ad esplodere, disinnescabile solo grazie alla ruvida esperienza e al senso del sacrificio di uomini consapevoli della propria individualità , ma pronti a superare il confine della chiusura preconcetta nei confronti dell'altro. Un anti-pamphlet del conservatorismo illuminato dell'unico uomo di destra che mi piacerebbe essere, ma è anche una nuova riflessione di Eastwood sulla perdita dell'innocenza e sul rapporto tra figura paterna e destinatari della sua eredità , che ha già avuto altissimi momenti lungo l'intera filmografia eastwoodiana da Un mondo perfetto a Mystic River, da Million Dollar Baby fino al penultimo - incantevole - Changeling, ma anche da Gunny a La recluta. C'è molto dei suoi personaggi migliori anche in questo Walt Kowalski, riecheggia dirty Harry Callahan, così come ritornano gli sguardi grugnanti di William Munny: la differenza sta nello spazio che - fra le rughe - Kowalski lascia al dubbio di un sorriso e a una scelta di campo non violenta, seppur costosissima. Scritto da Nick Schenk (non certo un abituè del grande schermo), Gran Torino si regge su un intreccio esile ed elementare, che permette a Eastwood di giganteggiare alla regia, misurandola con un bilancino di precisione, sfrondandola alla base di qualsiasi fronzolo o arabesco, ma unendo tutti i puntini con delle piccole rette, fino a regalare un arazzo finale di spettacolare solidità (e qua la pianto con le metafore). Gran Torino è - soprattutto - un film superbo. Lo zio Clint dispensa cinema come Stockton dispensava assist e il fatto che continui a farlo sempre meglio alla soglia degli ottant'anni è un qualcosa che regala fiducia, che fa star bene.
E' on line già da qualche giorno, ma il lieve ritardo con cui ne dò notizia risponde perfettamente all'attitudine retrò della nuova impostazione di De:Code.
Dopo qualche mese di stop, infatti, Antonio Solinas, Simone Satta e Nicola Peruzzi si ripresentano trovando l'appoggio di chi - fra i primissimi - ha creduto nelle potenzialità della rete, ossia la truppa di Glamazonia (che di suo, già da tempo, si era dato una bella rinfrescata).
De:Code è oggi una rivista di una settantina di pagine impostata monograficamente (si parte col doppio) e confezionata in formato .pdf. E' scaricabile gratuitamente proprio dalle pagine di Glamazonia, più precisamente da QUI. Dietro una - bellissima - copertina di Werther Dell'Edera, De:Code offre un ricchissimo e variegato sommario, in cui il tema del doppio viene declinato in maniera stuzzicante e stimolante, con un ottimo grado di approfondimento e con una bella spruzzata di cazzeggio.
Ma mi fermo qua, perchè questa non vuole minimamente essere una recensione, ma solo una news per augurare in bocca al lupo a tutta la redazione.
Per l'occasione, saranno presentate anche una breve serata musicale e una mostra grafico-pittorica, entrambe dedicate a Faber. Nel primo caso, si esibirà Jack Evans, inglese trapiantato a Sassari e anni fa partner musicale di Robert Plant. Nel secondo, si tratta dei lavori di Fabio Lanza, fumettista e grafico sassarese di cui potete vedere altre cose QUI.
Qua sotto, un servizio sul volume a cura del TG Regionale Sicilia
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promemoria personali
"Perchè scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile."
"C'era una volta... e poi un giorno... e poi quando tutto sembrava andare per il meglio... e poi all'ultimo minuto... e vissero felici e contenti (ma anche no)."
David Mamet
Su questo cranio di scimmia. Su questo corpo di cane. Su questo modo di fare. Zibba
Fumetti noir, crime, hardboiled, gangsteristici e polizieschi reperibili in Italia
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