Xiola's back pages
Era il 1997 e già da qualche anno con Antonio frequentavamo le fiere non solo per respirare l'aria del fumetto, fare qualche acquisto e rincontrare un po' di amici, ma anche perchè cominciavamo a proporre in giro le nostre cose e - di conseguenza - avevamo già iniziato a guadagnarci le nostre belle carrettate di no o - in alcuni casi - di indifferenza.
Una delle tappe ricorrenti era lo stand della Star Comics, dove già l'anno prima ci prendemmo da Ade Capone una leggendaria (e giustissima) lavata di capa per le velleità artistoidi di un progetto che gli sottoponemmo.
Quell'anno, però, avevamo intenzione di parlargli di un'idea che mirava molto più in basso, nel senso che avevamo l'unica ambizione di raccontare una storia che fosse nelle nostre corde e - vista la nostra totale inesperienza - nelle nostre capacità: si trattava proprio di Xiola.
Qualche mese prima, infatti, con Antonio avevamo deciso di fare un bel bagno d'umiltà e di guardarci attorno prendendo in considerazione non solo la necessità di assecondare i nostri gusti, ma di fare i conti con ciò che potesse avere delle realistiche possibilità di riuscita in termini di vendita.
Nei nostri incontri eravamo partiti da una lunga lista di generi, idee guida, ambientazioni e tipologie di personaggi che andavamo a cercare non solo come lettori, ma anche come appassionati di cinema o letteratura.
L'unica base certa di partenza era che volevamo scrivere un fumetto di puro intrattenimento, che divertisse noi per primi, il disegnatore e che potesse soddisfare le le esigenze di un potenziale editore.
La genesi vera e propria dell'idea alla base di Xiola, magari, la affronterò in un altro momento, adesso torniamo al novembre del 1997 e all'edizione invernale dell'Expocartoon.
L'intenzione era di sottoporre il progetto ad Ade per la sua Liberty, che in quel periodo era una delle poche etichette indipendenti ad avere una certa continuità nelle uscite.
Quando Ade ci disse che però i suoi piani editoriali non prevedevano - per i mesi successivi - il vaglio di nuovi progetti, con Antonio ci rimanemmo piuttosto male e tornammo a Sassari con le pive nel sacco.
Passò qualche mese: nel frattempo, avevamo in parte accantonato l'idea di Xiola e io avevo organizzato un incontro in libreria proprio con Ade, che venne a Sassari insieme ad Alessandro Bocci per il decimo anniversario di attività della Star Comics.
La mattina dell'incontro, mentre si chiacchierava del più e del meno, Ade ci chiese se stessimo continuando a scrivere e gli accennammo proprio al progetto che avremmo voluto proporgli il novembre precedente.
Il giorno dopo, in una spiaggia vicino Sassari, raccontammo ad Ade il soggetto, lui ci subissò di una miriade di domande per cercare di capire bene cosa volessimo fare e - evidentemente soddisfatto dalle risposte - accettò Xiola.
Dopo qualche anno di risposte negative o evasive da parte di qualche editore, arrivava la prima risposta positiva: dire che non stavo nella pelle e che ho faticato come una bestia a cercare di non tradire particolari emozioni e a mostrare un dignitosto aplomb è poco.
E' anche vero, però, che una volta che accompagnammo Ade e Alessandro in albergo, con Antonio ci scatenammo in una serie di balletti propiziatori per celebrare una soddisfazione e un'emozione che nessuna parola potrebbe restituire.
Pensate a una delle sensazioni più goduriose e appaganti che abbiate mai provato e avrete un'idea vaga di come mi sentivo e di come ci sentivamo Antonio ed io quella domenica pomeriggio.
Da lì in avanti le cose cominciarono a farsi ancora più vere e concrete: avevamo garantito ad Ade di poter trovare un disegnatore adatto, lui scommise sulle nostre capacità organizzative e ci affidò la supervisione generale di tutto e non potevamo permetterci (e non volevamo permetterci) di perdere un'occasione tanto invitante.
Il fatto è che di disegnatori non è che ne avessimo in esubero, tutt'altro, ma qui ci venne in contro quel bell'uomo di Maurizio Di Vincenzo, che ci mise in contatto con quell'altrettanto attraente e affascinante personcina che risponde al nome di Werther Dell'Edera, che già da allora mostrava delle enormi potenzialità e una voglia di fare che oggi stanno cominciando a concretizzarsi in lavori di grande maturità e professionalità.
Wertheruccio ci sembrava il disegnatore ideale per ciò che avevamo in mente e gli proponemmo di saltare sulla barca.
Il buon barese camuffato da romano accettò di fare le prove per il personaggio e i comprimari e dopo un paio di settimane ce le recapitò via corriere.
Aprire la busta contenente i primi disegni è un altro di quei monenti perfetti da segnare sul calendario: salivazione azzerata, mani due spugne, lingua una felpa, tremore da tregenda alle gambe e lo stomaco che esplodeva in un forsennato ballo di San Vito. Xiola era viva, ancora piccola e incerta, in fasce, ma viva.
Lo stile utilizzato da Werther nei suoi primi studi era però ancora radicato in un realismo espressionista che non aveva virato verso la sintesi grafica e arricchita di neri generosi che avevamo in testa (Werther per primo) e di cui avevamo parlato ad Ade.
Quando gli inviammo il materiale, quindi, fu necessario chiarire bene che la nostra volontà era comunque quella di affidarci a Werther: credevamo ciecamente in lui e nelle sue capacità e non ci fu difficile scommettere sulla riuscita del progetto. Non so quanti editori avrebbero dato retta a due sceneggiatori all'esordio e pressochè privi di qualsiasi esperienza, sorretti quasi unicamente dall'enorme motivazione e da una generale competenza in campo fumettistico.
Sta di fatto che Ade accettò le nostre considerazioni e le garanzie che gli demmo, ma si riservava di dare una risposta definitiva solo dopo aver visto qualche ulteriore tavola di prova. Discutemmo della cosa con Werther, che si mise subito al lavoro e ci consegnò delle tavole decisamente eccellenti.
Ade e Alessandro, da lì a qualche giorno, sarebbero tornati un'altra volta in Sardegna, ospiti di una rassegna organizzata dal Gruppo Damage (fra i quali militava anche Mauro Mura, il primo disegnatore contattato in assoluto per essere messo alla prova sul nostro personaggio): in quell'occasione avremo fatto vedere le tavole e Ade c'avrebbe dato la tanto sospirata risposta.
La mia tensione era incontenibile e non aspettavo altro che Ade e Alessandro terminassero l'incontro col pubblico per poterci appartare e sottoporgli i lavori di Werther. A poco serviva la non chalance con cui Antonio cercava di tranquillizzarmi, ricordandomi che la qualità del lavoro di Werther non poteva che essere riconosciuta anche da Ade.
Se non sono scappato in preda al panico è stato in gran parte merito proprio della serenità che mi trasmetteva Antonio. Quando arrivò il momento, mi ammutolii e cercavo di interpretare ogni espressione che Ade tradiva mentre sfogliava le tavole di Werther, ma era un gioco sterile e accolsi i suoi entusiastici commenti con un senso di sollievo che solo una donna a termine parto può capire (si, va bene, non sono una donna, non ho mai partorito e mai lo farò, il tono è un filo sopra le righe, ma ci siamo capiti, no?).
Ciò che però rese il momento ancora più intenso fu un ulteriore fatto: il progetto iniziale prevedeva la pubblicazione di una miniserie di 3 numeri di 24 pagine, ma in quel periodo il mercato editoriale fumettistico e in particolare quello del fumetto indipendente - parliamo della seconda metà del '98 - stava iniziando a prendere la brutta china che oggi sta mostrando tutti i suoi risultati.
Ade ci chiese quindi di concentrarci su un solo albo di 24, una sorta di numero 0 (e, in effetti, in quel modo venne poi presentato).
L'idea era di uscire in occasione della Fiera di Torino, che si sarebbe tenuta nell'aprile dell'anno successivo.
Ritornammo quindi a Sassari con l'enorme soddisfazione di aver ottenuto l'ok definitivo per Xiola, ma avevamo un ulteriore problema da risolvere.
Le difficoltà stavano nel fatto che Xiola diventava una vampira alla fine della miniserie (quella presentata inizialmente e che era già stata tutta scritta) e, quindi, non aveva molto senso studiare un n.0 che si collocasse cronologicamente prima del n.1.
Venne così fuori l'idea di collocarlo idealmente alla fine della miniserie e - sempre in teoria - avrebbe dovuto fungere da ponte fra la prima miniserie e un'eventuale seconda, che sarebbe uscita però solo in caso di successo della prima.Informato Werther anche di questo, Antonio e io ci mettemmo di nuovo al lavoro e in meno tempo di quanto ci saremmo aspettati elaborammo il soggetto del n.0.
Ricevetti l'imprimatur di Ade telefonicamente, qualche giorno dopo, quando mancavano non più di 30 secondi all'inizio di una partita di pallacanestro che - quel giorno - avrei pure giocato dall'inizio, in quintetto. Spensi il telefono con una voglia matta di spaccare il mondo tanto incontenibile che nel giro di una manciata di minuti ero di nuovo seduto in panchina e da lì non mi alzai fino al termine della partita.
Ma questa è un'altra storia.
Anima e core erano totalmente dedicate a Xiola e a cercare di dare il massimo e più del massimo. Werther sfornava tavole con regolarità e le cose che a nostro parere erano da rivedere si esaurivano sempre in una manciata di sciocchezze marginali. Inoltre, nel frattempo, s'era aggiunto all'allegra combriccola anche Girolamo Di Geronimo, al quale venne affidato il compito di occuparsi del logo dell'albo e, cosa altrettanto importante, del lettering.
Il timore iniziale di non essere in grado di rispettare la scadenza che c'era stata data (fine febbraio del '99) si consumò e venne sostituito dalla consapevolezza che stavamo davvero lavorando al nostro primo fumetto, che davvero sarebbe stato pubblicato e che davvero sarebbe uscito in concomitanza di una fiera.
In tutto questo, il ruolo di supervisori del lavoro cominciava a piacerci e a responsabilizzarci ulteriormente in maniera sana e produttiva, confortati comunque dal fatto che - in caso di necessità - avremmo sempre trovato Ade pronto a darci i consigli di cui avremmo potuto avere bisogno.
Una volta completato il lavoro sulle 24 pagine che componevano l'albo, Werther (accompagnato da Flavia, quella santa donna che ha avuto un ruolo di sostegno morale e motivazionale che va oltre l'umanamente quantificabile) venne a Sassari per una settimana, durante la quale ripassammo in rassegna le tavole, cercando di correggere tutto quanto non ci convincesse.
Un'unica tavola, però, fu al centro di una discussione piuttosto accesa in maniera divertente: la famigerata tavola 12.
Werther si incaponiva nel darle un taglio di un certo tipo ed Antonio e io ci eravamo arroccati su un'altra idea. Trovammo comunque una soluzione pacifica e incruenta: minacciammo a Werther di non fargli fare ritorno nella penisola e di tagliargli un orecchio, che avremmo spedito alla famiglia accompagnata da una lettera di richiesta di riscatto.
Il buon Wertheruccio divenne più mansueto di un micio neonato e anche quel (piccolissimo) scoglio venne superato.
Consegnammo tutto il lavoro ad Ade con una decina di giorni di anticipo sulla scadenza e, da quel momento, cominciò il conto alla rovescia in vista dell'uscita dell'albo.
Forse furono i giorni più difficili, perchè si trattava esclusivamente di aspettare: nei mesi precedenti avavamo avuto il nostro bel da fare, chi a scrivere, chi a disegnare, chi a letterare, chi a confortare, ma ora che mancava poco più di un mese, quella manciata di giorni (niente confronto all'anno di lavoro o quasi che c'eravamo appena lasciati alle spalle) sembrava insormontabile.
Arrivò comunque anche il giorno di partire per Torino e goderci ufficialmente il nostro esordio come autori.
Ma, anche questa, è un'altra storia, documentata in un prezioso fotoreportage a fumetti ad opera di quella santa donna di Flavia e che devo ancora decidere se postare o meno.
Per adesso, va bene così!
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